Festival di Sanremo – 27 gennaio 1967 – quel dito dell’informazione nazionale puntato contro la morte di uno “sfortunato ragazzo”

“#LuigiTenco […] è uscito drammaticamente dalla scena perché le giurie della 17esimo #FestivalDiSanremo hanno escluso la sua canzone”. Così il 27 gennaio 1967, dalla bocca di Sergio Zavoli, l’Italia di #Moro condannava il suicidio del “cantautore di ventinove anni”, limitando questo “dramma assurdo” a un capriccio, un gesto di irriconoscimento verso i 22.000.000 di telespettatori che la sera prima hanno assistito al prologo di questo “sfortunato ragazzo”, la cui dipartita, secondo la televisione nazionale dell’epoca, è un chiaro segno di come si sia persa “la forza e la dolcezza di fare ciascuno la propria parte”.

L’informazione dell’Italia democristiana, ipocrita e bigotta di quegli anni si arrogò il diritto di definire e ridimensionare la fine di una vita ritenuta “già largamente conquistata rispetto a quella comune” e di sottolineare un debito da parte del cantautore nei confronti di quel mondo che tanto abbondantemente ripagava “il talento di questi cantanti”. Segue un rilancio da parte di Zavoli, che si getta in un’analisi dell’ultima performance a occhi chiusi di Tenco, quasi il cantante “avvertisse l’inutilità di un confronto tra la sua chiusa e amarissima protesta e quell’irresistibile DOVERE di essere vivi nella vicenda di tutti i giorni, seppure con le pene, appunto, di tutti i giorni”.

Con tutta la “doverosa pietà”, Zavoli chiude citando Ungaretti, un poeta “molto più povero e non sto a dirvi quanto più grande di tutti i parolieri del mondo delle canzonette”. La frase del poeta scelta dal notiziario nazionale fu la seguente:

“la morte si sconta vivendo”.

Con l’ennesima circostanza l’Italia premette così per la seconda volta il grilletto contro Luigi Tenco e contro il diritto di accettare e considerare l’esistenza di due libertà incondizionate: “la libertà di pensiero e la libertà di morire, che è la stessa di vivere”. Citazione quest’ultima che io ho invece preso da Norman Zarcone, il quale, all’età di Tenco, nel 2010 si gettò dal tetto della propria università di Palermo. E non sto a dirvi quanto il pensiero di un dottorando in filosofia, per di più suicida, sappia essere meno celebre di un Ungaretti e quanto più grande di tutta l’informazione bigotta, ipocrita e sbagliata del mondo.

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